· 

FABULA RASA /59 La fame di Giovanna

Ho letto tutto d’un fiato Caterina Marasca (Rubettino, 2006),  romanzo potente soprattutto perché scritto nei primi decenni del Novecento da una donna e, per giunta, calabrese: Giovanna Gulli (1911-1938). Nata a Reggio Calabria e morta a Milano non ancora ventottenne (senza avere avuto la gioia di vedere  pubblicato, nel 1940, il suo libro), l’autrice è pressoché sconosciuta ai più (la dice lunga il fatto che non si trovino sue foto).  Cresciuta  in una famiglia benestante subì il tracollo economico del padre per trovare, fortunatamente, nella scrittura uno strumento di riscatto. La protagonista, Caterina Marasca, era una ragazza un po' strana… era di una fantasia meravigliosa e di un’intelligenza vasta e forte. Solo la sua psiche era adombrata da malinconie (da brusche improvvise anomalie  derivate da ragionamenti troppo intensi per una fanciulla di ventuno anni),  fiera e dura nella sua dolcezza, selvaggia nella bellezza dei suoi occhi profondi, la protagonista svela senza falsi giri di parole il  peso che opprime la sua famiglia, costretta a combattere la fame quotidiana dopo il suicidio del padre. Caterina non perderà mai la propria dignità, benché fosse stata costretta a rubare  e a diventare una mantenuta. La fame è una brutta bestia: ti può abbrutire, ma ti può salvare: per affermare il tuo essere donna, dichiarando nome e cognome ad alta voce. Dominando gli uomini che ti circuiscono, ti accerchiano. Perché di fame si muore e la famiglia Marasca purtroppo se ne accorgerà. La fame che ti porta perfino a odiarla, la tua famiglia, per non parlare degli uomini. La fame che ti innalza e ti fa precipitare in un vortice di sensazioni, con la violenza che, prepotente, senti scaturire da te stessa. Si trovava debole e impotente, costretta a piegarsi ad ogni cosa degradante e a trascinare quella vita brutale e disordinata, che riusciva ad inasprire tutti, per non morire di fame. Ma Caterina si ribella con tutte le sue forze al sistema sociale, al bigottismo, agli uomini prepotenti. Il dramma che subisce la nostra eroina, perché un'eroina sarà la Marasca/Gulli, è tutto nella lotta tra la carne e lo spirito che vorrebbe dare significato autentico al vivere. Il pane dà quella soddisfazione organica, animale  che si riscontra solo nell’individuo affamato, allorché riempie il suo stomaco fino alla sazietà, ma per il vuoto che Caterina percepiva, proprio lì, vicino al cuore, ci voleva ben altro che il vino o il liquore, per superare l’inutilità dell’essere, il furore che traspariva già dallo sguardo, la malinconia violenta per la vita… dalla mattina alla sera, senza pace, senza gioie, senza amore, perché Caterina amava disperatamente la vita. Ma può essere felice il cuore di una donna  che sperimenta prima la miseria e poi il disgusto, la nausea del lusso? Come malattia il disgusto (per fortuna) non è molto diffuso e non attacca che individui ultra sensibili: costoro generalmente dotati di cuore agitato, di nervi troppo eccitati, di sangue violento, combattono aspramente con lo spirito ribelle, con l’emotività della carne, con l’eccesso inaudito del sentimento… Caterina inoltre non riusciva ad uccidere il pensiero. Un cuore che ha superato l’impulso di darsi la morte, che arriva all’atonia senza tristezza? Felice forse no, ma salvo, sì. Essa contava appena ventitré anni. Conosceva interamente la vita. E l’amava.

Se non fosse morta così giovane di polmonite, Giovanna Gulli cos’altro avrebbe scritto?

 

ennebi

Scrivi commento

Commenti: 2
  • #1

    Filomena Presta (lunedì, 08 agosto 2022 23:39)

    La fame è un bisogno primario… se è d’amore può scaturire scenari impensabili, la scrittura allora diviene terreno fertile per la creatività. Grazie Nuccia per il suggerimento ❤️

  • #2

    Nuccia Benvenuto (mercoledì, 10 agosto 2022 14:12)

    Cara Filomena, grazie per la tua fame"di sapere. A presto!