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FABULA RASA /55 L'ironia della Marchesa Colombi

Nel quadro di Giovanni Segantini, Il ritratto della signora Torelli, la dama con l’ombrellino ha un’espressione piuttosto spigolosa. In realtà la donna, giornalista e scrittrice, esperta di moda e buone maniere, opinionista - oggi sarebbe un’influencer da milioni di followers - è l’intraprendente e indipendente Maria Antonietta Torriani (1846- 1920) più nota (per quanto relegata nella categoria delle scrittrici di letteratura popolare) come Marchesa Colombi. Gli amici la chiamavano Titti, ma lei preferì lo pseudonimo, colpita dalla favella del bizzarro protagonista di una satira di Paolo Ferrari: un tipo fra la civetteria, l’eleganza e la maldicenza, tutto condito di brio e grazia squisita. E così l’ironia diventerà, per la nostra autrice, l’arma per lottare contro i costumi sociali che opprimono le donne del suo tempo e risvegliare in esse la coscienza dei loro diritti: in questa missione collabora, già maestra elementare (la legge Casati non consente molto alle donne), con Anna Maria Mozzoni, antesignana del femminismo, facendo risaltare l’importanza della lettura nell’educazione femminile: Non si doveva pensare ad altro che a diventare donne di casa, buone massaie […] Se poi ci mettevamo a leggere le zie esclamavano spaurite: - Per carità! Che non avessero a credersi dottoresse!  - Erano persuase che tutti i guai, tutte le miserie dell’umanità, derivassero dalla lettura, specialmente per le donne…

Non ha paura di rimanere zitella come le protagoniste dei suoi romanzi, la Marchesa Colombi; infatti, dopo essersi coraggiosamente trasferita da Novara a Milano e aver vissuto flirt con poeti come Carducci (a lei sono dedicati i versi di Autunno romantico nella raccolta delle Rime nuove: o Jole, amiam l’ultima volta!), a trentacinque anni si sposerà con il giornalista napoletano Eugenio Torelli Viollier che fonderà il Corriere della sera, del quale lei diventerà la prima firma femminile. Purtroppo il dramma del suicidio di una sua nipote considerata figlia adottiva - presunta amante del marito -  porterà la coppia alla separazione.

Il taglio delle sue numerose opere è verista. Vi si narra di donne di ogni condizione, di amori contrastati, di differenze e riscatti sociali. Di solitudini, di sfruttamento (le febbri contratte nelle risaie fanno perdere i capelli alle mondine), ma soprattutto d’amore, come l’amore idealizzato che si consuma negli anni per poi tramontare miseramente. Riscoperta da Natalia Ginzburg e Italo Calvino nel secondo Novecento, ebbe fama postuma grazie al suo romanzo Un matrimonio in provincia, da cui la Rai  trasse uno sceneggiato negli anni Ottanta. Caratteristica di Denza, la protagonista, è la disciplina mentale alla rinuncia e all’ accettazione della noia come condizione naturale della donna - alla quale invece l’autrice si ribellerà andando via di casa, rifiutandosi di crescere il fratellastro, il vecchino, e di sposarsi per non restare zitella, avendo superato i vent’anni! È difficile immaginare una gioventù più monotona, più squallida, più destituita di gioia della mia. Ma Maria Antonietta  Torriani si rivolterà contro la calma uggia, la calma morta alla quale la maggior parte delle ragazze della sua epoca si rassegna.  Anche se Denza si sposerà - con un vestito da viaggio e non rosa come quello indossato da Marchesa - con un notaio bitorzoluto. Infatti, consumato in appassionati sguardi lontani, soprattutto in chiesa, l’amore per Onorato, che le preferirà una ragazza con dote, si dissolve col suo sogno: Denza è consapevole del suo destino e le ultime parole che l’autrice le fa pronunciare producono nel lettore un amaro sarcastico sorriso. Cosí, dopo tutti quegli anni d'amore, di poesia, di sogni sentimentali, fu concluso il mio matrimonio. Ora ho tre figlioli. Il babbo, che quel giorno dell'incontro con Scalchi aveva accesa lui la lampada che mi consigliava, dice che la Madonna mi diede una buona inspirazione. E la matrigna pretende che io abbia ripresa la mia aria beata e minchiona dei primi anni. Il fatto è che ingrasso.

Ironica fino alla morte, la nostra Marchesa Colombi, nonostante nel suo galateo La gente per bene scrivesse, alla sezione “Vecchiaia”: Quando la vecchiezza si annuncia francamente, quando accetta con coraggio i suoi capelli bianchi e le sue rughe, chi non l'ammira? chi non l'ama? Sgraziatamente, le signore che sanno invecchiare decorosamente sono così poche.... Ve ne sono di quelle che credono ringiovanire vestendosi come l'ultimo figurino, o imponendo ai poveri ballerini di trascinarle in giro nelle feste da ballo.... Altre ripetono a tutte le ore che si sono maritate giovani, giovanissime, bambine; se ne ricordano appena, anzi, non se ne ricordano affatto! Poi vi sono quelle che propongono di non parlar mai dei propri anni, come se quel silenzio dovesse impedire agli altri di pensarci. Proprio lei, che quando si sposò si dichiarò più giovane del marito e, in seguito, dispose che, morta, sulla sua lapide non comparisse alcuna data.

 

     ennebi

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