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FABULA RASA /63 I bambini di Laudomia

Una con il nome come il suo (uscito fuori da un romanzo di Massimo d’Azeglio che la madre lesse in gravidanza) non poteva che avere un destino da scrittrice, ma, come dice lei stessa, Laudomia Bonanni (1907-2002) è stata una scrittrice che non si è saputa promuovere  - Oggi scrivere non basta più -, come se fosse  cosa semplice in un panorama editoriale tutto al maschile e soprattutto commerciale. Oggi, promuoversi con i social è certo più facile a prescindere dalla qualità. Non è questo il nostro caso.  Eh, sì. La scrittura dell’autrice è  piuttosto ricercata e quindi i suoi libri poco venduti,  fino a poco tempo fa introvabili, ma per fortuna da poco riediti.  Eppure, questa donna solitaria, affamata  di libri fin da bambina,  maestra elementare - come la mamma, sua grande sostenitrice -, diventata poi  consulente al Tribunale dei minori, cominciò scrivendo storie per bambini.

Nel ’48 partecipò a un concorso indetto da “Gli amici della domenica” vincendolo con Il fosso, una raccolta di racconti, edito da Mondadori, con cui vinse il premio Bagutta - recensita, pensate, da Montale  che la paragonò a Gente di Dublino di Joyce. Insomma, questi quattro racconti dalla forza sapientemente aggressiva e dal potente realismo fantastico le fecero oltrepassare il fosso dell’anonimato per trovare, a quarant’anni, la popolarità, che aumentò con L’imputata, premio Viareggio, e con L’adultera, premio selezione Campiello, mentre al premio Strega fu finalista per ben tre volte.

Dalla personalità schiva, Laudomia si trovò catapultata nei salotti letterari, la Bellonci divenne sua grande amica, ma dal ’64 entrò in una fase depressiva, isolandosi completamente. Ne uscì fuori  col libro Il bambino di pietra o meglio Una nevrosi femminile, che le servì da terapia, poiché, nonostante la vicinanza di Nicola Perrotti, guaritore del male oscuro di Giuseppe Berto, non volle mai entrare in analisi. Lei, che si era definita sposata  solo con la letteratura, rimpiangeva di non aver avuto figli. E comunque la donna - è il tema del libro - madre o non madre, deve fare i conti con la maternità: questa è l’amara verità.

A darle il colpo di grazia, dopo la scomparsa della mamma e della Bellonci, il rifiuto di Bompiani, nel 1985, al suo ultimo romanzo: Laudomia decide di non scrivere più - delusa da una realtà letteraria nella quale non si riconosceva -  fino alla sua morte (avvenuta nel silenzio più totale).  

Lo sguardo dell’autrice è stato costantemente rivolto sulle miserie materiali e morali del dopoguerra (L’imputata, romanzo di denuncia sociale, è un atto d’accusa alla guerra, alla miseria, alla vita stessa), sui turbamenti  dell’infanzia con cui fu a contatto per il suo lavoro, sulla condizione dei minori, e  soprattutto su quella femminile. Ma il femminismo alla Bonanni - come venne definito - è di riflessione, non di lotta.

Non so come sia uscita fuori dalla penna di una donna schiva e austera come lei, Linda, la spregiudicata protagonista de L’adultera - il suo romanzo più famoso e moderno sia per il tema che per la scrittura. Indipendente, disinibita, libera, pur con una figlia e un marito reduce di guerra (eppure  qualche cosa doveva esserci nella prigionia in sé per ridurre un uomo nello stato in cui era Antonio) e un passato di solitudine rallegrato dalla relazione con un tedesco (sposati da sette anni, rimasti separati per sei), la donna rivede, mediante una serie di flash-back, il suo passato, in una lunga notte insonne in treno, tra un tentativo di furto subito e volgari avances. Linda, così come gli uomini che ha conosciuto, considera l’amore un terzo incomodo (non è come la suocera calabrese fedele e sottomessa per elogio funebre!), ma finirà per incontrare qualcuno che si innamora di lei e che vuole trattarla, guarda caso, proprio come una moglie. Lui vorrebbe averla tutta per sé, ma la quarantenne Linda, felice della sua doppia vita, non ci pensa nemmeno. L’amante le chiede di andare, almeno per una volta, non nel solito freddo hotel, ma in casa di un amico per godere l’intimità sognata, e… L’autrice riserva alla sua campionessa dell’adulterio una sorte che non ci aspetteremmo, e, soprattutto, diversa da quella dell’amante. Decisa  dalla mano di Laudomia o da quella di Dio?

Il libro deve esser come un sasso che si butta per colpire. Credo che la Bonanni ne abbia buttato molti, di sassi, finiti per lo più nel grande fosso della dimenticanza.

 

ennebi

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Commenti: 2
  • #1

    Filomena Presta (domenica, 12 febbraio 2023 19:56)

    Una storia lunga quella dei sassi nel fosso della dimenticanza, purtroppo la promozione editoriale non è mai stata cosa semplice. Per Laudomia però preferisco pensare che sia per un pubblico elitario e che in realtà sa scegliere.
    Cari saluti Nuccia❤️ sempre interessante�

  • #2

    Mariolina Rocco (martedì, 07 marzo 2023 15:59)

    Complimenti e grazie per questi interessanti approfondimenti, specie su personalità di così grande spessore culturale, sconosciute ai più. �