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FABULA RASA /65 I figli di Pearl

Di mamma ce n’è una sola… già. E se, invece, riconoscessimo, una buona volta, che di mamme ce ne sono tante e diverse? Credo sia quello che pensava Pearl S. Buck (1892-1973), giornalista e scrittrice (ottenuto il Pulitzer nel 1932, fu la prima americana a vincere il Nobel nel 1938), ma soprattutto filantropa. Di certo perché i suoi genitori presbiteriani le trasmisero lo spirito missionario e anche perché, essendo Carol, la sua unica figlia naturale, una bambina che non diventò mai grande, Pearl non solo adottò sette figli, ma creò, nel 1949, la prima agenzia di adozione interraziale del mondo  e, nel 1964, una fondazione per aiutare i bambini disagiati e rivendicarne i diritti.

Visse l’infanzia in Cina, dove assorbì le leggende e le tradizioni del luogo, per poi raccontarle in una vastissima produzione: circa 80 opere! Il suo romanzo più famoso, La buona terra, venne premiato in Svezia per le sue descrizioni ricche e veramente epiche della vita contadina in Cina attraverso le vicende familiari del contadino Wang Lung.

Sempre attiva nelle cause sociali, contro il razzismo, il sessismo, le disuguaglianze, a favore della democrazia, dei diritti umani, della giustizia, paradossalmente venne punita dai suoi diversi mondi:  bandita dalla Cina della Repubblica Popolare perché  considerata simbolo dell’imperialismo economico (lei che l’aveva combattuto in tutte le sue forme),  cancellata dall’America perché  ritenuta non solo comunista (con la mente sempre  rivolta ai contadini cinesi),  ma troppo in rottura con la tradizione letteraria del tempo - niente a che fare con ciò che scrivevano Hemingway, Fitzgerald e Maugham. Era una donna e per giunta estranea  al contesto culturale, non parlava dell’America nei suoi libri. Bisognava rimuovere questa scrittrice dalla memoria: e sì che i suoi romanzi si vendevano come il pane! Troppo commerciale, insomma. Un altro rospo da digerire, dopo l’assegnazione del Nobel, da parte di tutta una schiera di illustri scrittori che di quei tempi ricorrevano, e non solo nella scrittura, al sesso e al whiskey. Lei ringraziò così la giuria del premio Nobel: Un romanziere è un cantastorie sotto il tendone di un villaggio, in cui attira la gente grazie alle sue storie. Non ha bisogno di alzare la voce quando passa un letterato. Ma deve battere tutti i suoi tamburi quando un gruppo di poveri pellegrini gli passa davanti per dirigersi verso la montagna, in cerca di dei. E ai contadino deve parlare delle loro terre, e ai vecchi deve parlare della pace, e alle donne anziane deve parlare dei loro figli, e nel rivolgersi a giovani uomini e donne deve parlare loro gli uni delle altre. Deve essere soddisfatto se la gente comune è felice di ascoltarlo. Questo, almeno, mi è stato insegnato in Cina.

Ma in America non è così. Una passione civile pericolosa, quella della Buck, insomma, che si basa su una prospettiva interculturale e che, nelle sue trame, nonostante gli intrecci amorosi, lancia messaggi sulla guerra e sulla pace, sui diritti costituzionali, sui valori universali.

E poi,  che dire di una che accusa, in A proposito di uomini e di donne, proprio le donne americane di avere alimentato il maschilismo, accettandone la forza bruta? Le donne devono smetterla di essere angeli! La Buck anticipa così i temi del femminismo: l’esempio di sua madre (sottomessa e repressa) era stato lampante ai suoi occhi: Ho odiato San Paolo con tutto il cuore e così dovrebbe fare ogni vera donna, a causa di quello che lui ha fatto in passato a donne come Carie, donne orgogliose, nate libere eppure dannate a causa della femminilità.

Ma il silenzio peggiore non fu quello che le venne riservato dagli altri, soprattutto dopo la fine della seconda guerra mondiale; fu, invece, quello a cui si condannò lei stessa come madre. Ne uscì molti anni dopo, rivelando, in un libro, la rara malattia della figlia Carol. No, non che si fosse mai vergognata di lei. Piuttosto aveva scelto di vivere la propria impotenza a guarirla e la propria sofferenza in privato,  come qualcosa di sacro.

Essere madre è sempre difficile.  Per Pearl S. Buck, lo è  stato ancora di più. Salvare la figlia sarebbe stato il suo premio più grande.

ennebi

 

 

 

 

 

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Commenti: 2
  • #1

    Oriana (domenica, 14 maggio 2023 14:50)

    Grazie Nuccia e buona festa della mamma anche a te e alla tua cara mamma ❤️

  • #2

    GIOVANNA (domenica, 14 maggio 2023 15:29)

    Le mamme, già �..se nn ci fossero loro a partorirci, noi non saremmo qua� ma è pur vero che essere MAMMA è tutt'altra cosa... E’ donare Amore, tanto Amore a chi non né ha...è essere punto di riferimento per chi cerca la via ma non la trova, è esserci nei momenti di sconforto per chi si sente disperato…E’ mamma chi in maniera silenziosa e discreta sa darti sollievo nel tuo sconforto! La MAMMA è l’amica, la sorella, la compagna, la moglie, la docente…e tanto ancora, che ti accompagna in ombra nel percorso della vita lottando perché i fratelli, nel rispetto delle proprie differenza siano uguali, guidandoli con consigli saggi e amorevoli. E’ la spalla su cui appoggiarsi, gioendo ai tuoi traguardi e piangendo per i tuoi insuccessi.Allora ... AUGURI Auguri a tt quelle Donne il cui abbraccio , sorriso, gesto d’amore fa sentire ognuno protetto, dando così gioia e speranza per una vita migliore…. Non dimentichiamo che solo se sei stata "Mamma" di tanti figli,quando tu ritornerai ad essere figlia fragile e indifesa loro diverranno Mamma per te! Auguri Nuccia,grazie!