
Luigia Codemo (1828-1898) si sposerà - a differenza della madre e della nonna - per amore: al fidanzato e futuro marito, Carlo di Gerstenbrand, scrive, infatti, inequivocabili poesie nel 1850 – Versi di Luigia Codemo. À celui que j’aime. Sua madre Cornelia Sale (1792-1866), figlia della bella suicida Fiorenza Vendramin (ricordate Le rivolte di Fiorenza?), si era sposata, anche lei, a soli vent’anni con il conte Alvise I Mocenigo San Stae, a cui aveva dato ben cinque figli maschi – tutti di nome Alvise – ma poi gli aveva chiesto, invano, di annullare il matrimonio. Dopo la morte del marito, Cornelia poté risposarsi, con Michelangelo Codemo, già padre delle sue due figlie, delle quali Luigia era la primogenita. Nel frattempo, Cornelia aveva pubblicato I flagelli d'Egitto e Autobiografia di una fanciulla; da giornalista aveva collaborato a giornali e tradotto l’Odissea in prosa italiana. Una raccolta completa delle sue poesie, che ammonta a oltre 400 pagine, fu pubblicata dalla figlia Luigia nel 1868.
Nelle Pagine famigliari la Codemo racconta dell’educazione ricevuta: A questo proposito mi piace dire quanto divergenti le opinioni dei miei genitori, perché mia madre mi porse l’Eneide, il papà i Promessi sposi, essi credevano darmi gli antipodi e mi davan babbo e figliuolo, o meglio nonno e nipote. Nelle Pagine intime, poi, ricostruisce la genealogia delle due famiglie, paterna e materna, ma mentre la prima si esaurisce brevemente, nella seconda prevale la cara memoria di Fiorenza Vendramin, paragonata a la Gaspara Stampa, la Saffo della Laguna: viene naturale chiedersi quale ne sia stata l’eredità spirituale.
Nell’Ottocento delle aspirazioni risorgimentali, Luigia viaggia e coltiva il proprio talento artistico a Firenze. Diventerà scrittrice, pittrice, giornalista, promotrice culturale, filantropa: sosterrà non solo la causa dei poveri - ai quali si sentiva più vicina che al bel mondo - ma anche quella dell’unità d’Italia. Anche e soprattutto la letteratura doveva servire a fare gli italiani!
Proprio nel 1848, anno delle grandi sommosse, tuttavia, Luigia resta dai suoi a Treviso: ha vent’anni; solo nel 1869 scriverà, ispirata dalla Comédie humaine di Balzac, il suo testo più famoso, La rivoluzione in casa. Scene di vita italiana, un romanzo patriottico a sfondo storico-politico delle province venete, nella profetica primavera rivoluzionaria, ricco di ricordi familiari e spunti autobiografici. La rivoluzione del 1848 viene vista dagli occhi dei più deboli attraverso la difficile condizione familiare permeata più da ironia che da pietà.
Certo ognuno ha la sua storia particolare, e non sarebbe senza utilità per la cognizione umana, l'indagine di affetti, che nascono, muoiono senza quasi manifestarsi; veri poemi occulti, da cui provengono molte volte quelli apparenti, e son note solitarie, ma efficaci nel grande concerto d'una tormenta di rivoluzione. Però a chi scrisse questo racconto domestico, lumeggiare un quadro a due luci, quando una di esse è appunto la rivoluzione, parve cosa da schivarsi.
Ha lasciato liriche, romanzi, racconti, testi teatrali, saggi di critica d’arte e letteraria, resoconti di viaggio. La scrittura di Luigia Codemo - considerata da Croce poco curata - è aspra come il suo carattere: generoso, ma risoluto ed energico, proprio come le pennellate dei suoi quadri, e mira all’educazione del popolo. Finisce, tuttavia, tra i minori della letteratura popolare, quelli che all’indomani dell’Unità d’Italia fanno dell’integrazione e della pacificazione del popolo italiano la propria bandiera.
Fu cronista fedele del vero – i suoi idoli, George Sand, per la quale ha una venerazione che la porterà nei luoghi della scrittrice, in una sorta di pellegrinaggio spirituale, e Caterina Percoto con cui intratterrà una fitta corrispondenza. Sostiene, sì, la causa dell’istruzione femminile, ma riserva alle donne nella società uno spazio assai ridotto. Anzi è proprio l’ambiente domestico con il suo silenzio che la protegge dal dolore di aver perso l’unico figlio e il marito, troppo presto. Sul piano dell’emancipazione, quindi, non ci siamo: gli esempi della nonna Fiorenza e della madre Cornelia l’hanno così impaurita da farla chiudere in un eccessivo moralismo.
In questo caso, il sangue ha mentito!
ennebi
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Erminia (venerdì, 23 maggio 2025 15:41)
Ammirevole questa capacità di setacciare il panorama artistico- letterario al femminile per far conoscere personalità e sensibilità che alla maggior parte dei lettori e lettrici sono sconosciute.
Nina Radoni (venerdì, 23 maggio 2025 16:34)
Quante storie sconosciute che fai rivivere, hrazie